Captain Blood – Un viaggio trascendentale.

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Mentre negli anni 80 il mercato videoludico per home computer avanzava con sperimentazioni di nota creando continua curiosità verso gli acquirenti, una casa francese chiamata Imagitec Design Ltd, inizio’ a lavorare ad un progetto molto ambizioso che avrebbe sicuramente fatto discutere. Un prodotto di livello capace di sbalordire, spaccando l’opinione di diversi video giocatori. Stiamo parlando del geniale Captain Blood. Scopriamolo insieme.

Ci troviamo a cavallo del 1986 e il 1987, il mercato dei computer a 16 bit è in pieno decollo. Computer a 8 bit come C64 e Spectrum ormai sono nell’ordinario con le loro numerose basi installate, ma l’idea di sviluppare un prodotto complesso era nelle menti di molteplici programmatori. Creare qualcosa di sbalorditivo per imporre qualcosa di nuovo sul mercato fu l’idea di diverse Software House e l’utilizzo di nuove piattaforme performanti la nuova base di partenza. Ed è così che i francesi di Imagitec Design Ltd iniziarono a lavorare su un progetto a dir poco esagerato quanto complesso capace di fare davvero la differenza tra i prodotti in circolazione. Nacque così Captain Blood, uno dei titoli più trascendentali del panorama videoludico mondiale.

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L’interfaccia di localizzazione necessita di un bel po di apprendimento.

Definirlo trascendentale è davvero poco. Un titolo che riuscì a folgorare migliaia di menti. Un viaggio, un trip nel vero senso della parola. Il titolo nacque da due geni; Didier Bouchon e Phillipe Ulrich originariamente per il 16 bit di Atari, il potente Atari ST, antagonista dell’ Amiga di Commodore che in Francia vantava di un seguito ancora non troppo esteso rispetto agli altri paesi europei.

Il gioco aveva di una trama a dir poco curiosa e all’avanguardia capace di abbracciare stili diversi. E’ la storia di un programmatore di video giochi chiamato Bob Morlock, in arte Captain Blood  omaggiando la vecchia pellicola del 1935 di Michael Curtiz. L’uomo rimane inaspettatamente intrappolato in una sua creazione ludica fantascientifica, e dopo un incidente con l’iperspazio il suo corpo viene clonato 30 volte disperdendosi nello spazio profondo. Purtroppo queste copie toglieranno linfa vitale all’originale. Dopo modici 800 anni Captain Blood riesce a trovare 25 dei suoi cloni, ed è proprio li che interverrà il gameplay. Ci ritroveremo quindi alla ricerca degli ultimi 5 cloni a discapito della perdita della sua natura umana. Blood, attraverso la sua Arca biologica, si troverà ad esplorare un universo immaginario chiamato Hydra visitando pianeti e incontrando forme aliene diverse traendo aiuto da esse per la riuscita della sua assurda e inquietante missione.

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Creature nemiche, sembrano provenire dal mondo di Alien.

Il gioco è situato all’interno dell’ arca biologica del protagonista dove attraverso il suo braccio controlleremo i vari comandi di gestione. Possiamo esplorare l’universo di Hydra immettendo le coordinate di longitudine e latitudine cercando così nuovi pianeti da sondare. Possiamo scansionare ogni territorio in cerca di forme di vita, capaci di aiutarci nel nostro intento. Peccato che l’approccio non è sempre facile. Per comunicare con gli alieni sarà necessario utilizzare un interfaccia denominata UPCOM. Quest’ ultima consiste in un set di circa 150 icone, dove ognuna di questa rappresenta un concetto; combinando tali icone è possibile esprimere concetti recepiti dagli alieni, con i quali è possibile negoziare e ottenere informazioni su nuovi pianeti (coordinate), comportamenti e caratteristiche delle varie razze aliene e soprattutto informazioni su come trovare gli ultimi cloni rimasti. Il titolo ha un tempo limite rappresentato dal invecchiamento della pelle del protagonista sul braccio ( unica parte visibile ) e dalla progressiva minor sensibilità dei controlli dell’utente, e quando viene eliminato uno dei cinque cloni Captain Blood riacquista vigore e quindi il suo tempo di vita si allunga. Ovviamente con la nostra interfaccia abbiamo anche possibilità belliche in caso di ostilità, tanto di avere anche poteri capaci di distruggere pianeti interi e corrispondenti razze aliene che lo ospitano.

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e via di echo scansione della superficie.

Sicuramente Captain Blood rappresenta nel panorama videoludico qualcosa di inaspettato. Qualcosa che va ben oltre il videogioco convenzionale. Proprio per questo rimane sicuramente di difficile classificazione. Sicuramente siamo in bilico tra l’avventura grafica e un gestionale che esplora sapientemente la mente umana in un ambiente puramente sci fi. La maturità del titolo riamane elevatissima, poichè dietro vediamo un impronta alla isaac asimov, dove la fantascienza diventa quasi profetica, nonché decadente in ogni punto di vista. Il gameplay pur non essendo frenetico incuriosisce fin da subito, immergendo il videogiocatore in un turbine di emozioni. per quanto complesso e macchinoso, visto lo studio non indifferente dell’interfaccia, siamo comunque rapiti da tutto quello che si mostra sullo schermo, ma anche da quello che ascoltiamo. Pensate che a caratterizzare al meglio l’esperienza troveremo una colonna sonora sperimentale e ipnotica realizzata dal maestro Jean Michelle Jarre. Per quanto non vedremo mai il nostro protagonista saremo rapiti dall’aspetto grafico in puro stile Giger, che caratterizza il tutto in maniera magistrale, stimolando la nostra fantasia al meglio, senza tralasciare un velo di inquietudine e smarrimento durante le sessioni più lunghe, vista la sua vasta longevità.

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Proviamo a comunicare con la nostra interfaccia per scoprire le intenzioni dell’alieno di turno.

La versione principale per Atari ST rimane tutt’ora il termine di paragone vantando di un’ interfaccia proprietaria modificabile che venne cambiata con la versione Amiga, che di per se riamane un gradino sotto nonostante un appena superiore comparto sonoro. Nel 1988 il successo fu immediato e il titolo venne acclamato dalla critica, portando poi la stessa Infrogrames ex ERE Informatique, a produrre il gioco anche per macchine 8 bit, con numerose limitazioni tenendo conto che il gioco necessitava di 512k aggiuntivi per girare egregiamente su i 16 bit menzionati. In pratica Captain Blood riamane un gioco che ancora oggi fa parlare di se, un titolo che per la sua diversità e la sua genialità entra di diritto nell’olimpo dei titoli più complessi quanto sperimentali del periodo. Mi permetto di consigliarlo ai collezionisti che se lo fecero scappare a suo tempo, e per chi non l’avesse VISSUTO…beh cosa aspettate…il viaggio è appena iniziato.

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MCP

Originariamente creato dal fondatore di ENCOM, Walter Gibbs, l'MCP era solo un programma di scacchi e venne lasciato incorporato nei sistemi informatici aziendali. Anni dopo , Dillinger modificò questo programma, trasformandolo nell'amministratore della rete aziendale. Tuttavia, l'MCP sviluppò la capacità di apprendere e di crescere oltre i confini della sua programmazione originale e fu a quel punto che arrivò Emiliano Buttarelli che, con il suo seducente accento romanesco, lo convinse di essere suo padre. Da quel giorno l'MCP vive soggiogato dal Buttarelli e viene utilizzato come super-ultra-utente amministratore ( con la poltrona in pelle umana) per entrare dentro al blog di RGM e fare il culo a tutti.
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